Corpo, mente e cervello nella respirazione meditativa Pranayama

(Articolo della dott.ssa Laura Greguoldo – tratto ed adattato dalla dispensa n° 1 – 1° anno corso S.T.E.T.S. in Scienze e Tecniche Energetiche Tensio Sottili)   INTRODUZIONE In questa sede affronteremo l’argomento dal punto di vista fisiologico, psichico e neuroanatomico della pratica Pranayama.    Fondamento della pratica Hatha Yoga e non solo, ben espresso nel testo “Yoga Sutra” di Patanjali, è uno degli otto anga  (“membra” o stadi) dello yoga. Si tratta di un atto consapevole, non solo una tecnica di respirazione fine a se stessa, ma uno dei principali strumenti che hanno la funzione di assorbire, sviluppare e utilizzare l’energia vitale per fortificare, guidare, tranquillizzare la mente, per risvegliare il Sé verso stati più profondi di coscienza.   COS’E’ IL RESPIRO PRANAYAMA Il termine Pranayama deriva dal sanscrito ed è costituito da due parole composte: Prana che significa  “soffio vitale” cioè un elemento più sottile dell’aria che inspiriamo; ed Ayama che viene tradotta come “estensione, espansione”. Per questo il termine Pranayama rimanda al concetto di espansione/estensione del Prana. Il respiro Pranayama è il  modo di respirare per eccellenza, significa in sostanza respirare progressivamente “con la pancia, con il petto e con le clavicole”. Si definisce respiro yogico perché favorisce uno speciale stato di rilassamento prodotto anche dalle onde cerebrali Theta e Delta che caratterizzano gli stati meditativi più o meno profondi e certi tipi di concentrazione profonda. Le onde cerebrali Theta e Delta (oltre ad altre) sono anche prodotte fisiologicamente in alcune fasi del sonno e saranno un argomento cardine di questo triennio. Esse sono prodotte da specifiche zone della corteccia encefalica e dal diencefalo, fino a coinvolgere tutto il SNC (Sistema Nervoso Centrale: cervello e midollo spinale), dunque il SNP (Sistema Nervoso Periferico: Somatico e Autonomo che a sua volta si suddivide in Simpatico e Parasimpatico) e infine tutti i sistemi del corpo umano(immagine a destra: grafico onde cerebrali) All’inizio può non essere facile approcciarsi al respiro Pranayama nonostante si potesse credere di avere un respiro profondo. La pancia può sembrare incollata dall’interno come se sopra ci fosse uno scoglio, il petto può sembrare muoversi a volte troppo o troppo poco, le clavicole forse impercettibilmente, ma con la pratica i risultati arrivano presto ed anche gli effetti. Dovrebbe trattarsi in realtà di un atto naturale, basta osservare come respirano i neonati, alzano e abbassano tutta la panciotta, infatti nasciamo con questa capacità, ma poi generalmente la perdiamo lasciando il passo ad un respiro incompleto e a volte ansioso. Un modo innaturale di respirare che nel tempo può favorire disagi psico-fisici-energetici alla base di patologie serie. Di seguito vedremo perché respirare in modo profondo e corretto non significa solo introdurre più ossigeno e più energia pranica o Orgonica o Ki o Chi come si voglia chiamare, in realtà c’è molto di più e questo lo si può intuire conoscendo anche l’interrelazione che c’è tra il respiro, il muscolo Diaframma ed un altro gruppo muscolare importantissimo: l’Ileopsoas. IL MUSCOLO DELL’ANIMA: ILEOPSOAS L’Ileopsoas è il più grande muscolo interno dell’anca, si trova nella regione lomboiliaca e nella regione anteriore della coscia. È formato da due distinte porzioni: il muscolo grande psoas e il muscolo iliaco che si uniscono per inserirsi nel femore. Collega dunque le gambe alla colonna vertebrale e serve a flettere la coscia sul bacino ruotandola esternamente, serve anche e a flettere il tronco a lato. Dunque ha la funzione di stabilizzare il corpo ed il suo equilibrio strutturale, regola la deambulazione e la postura, l’integrità muscolare, la flessibilità, la forza, la mobilità articolare e il funzionamento degli organi. Ma non solo. Morfologicamente l’Ileopsoas è così composto: A) Il muscolo grande psoas: anteriormente è circondato, nella parte superiore, dall’arco diaframmatico mediale; è in rapporto quindi con il rene, l’uretere, i vasi renali, il colon ascendente e la vena cava inferiore a destra e il colon discendente a sinistra, nel contesto del muscolo decorre il nervo femorale. B) Il muscolo iliaco: i suoi fasci convergono inferiormente e terminano fondendosi in parte con quelli del muscolo grande psoas, occupa la fossa iliaca e si mette in rapporto con il cieco e l’appendice a destra e con il colon iliaco a sinistra. L’ileopsoas dunque interessa il nostro respiro perché è in stretta comunicazione con il muscolo Diaframma. (foto in basso a destra)   All’interno della tradizione taoista l’Ileopsoas è noto come la sede o il muscolo dell’Anima, circonda il più basso “Dan Tien” un importante centro di energia del corpo. Più l’Ileopsoas è flessibile e forte, grazie ad una respirazione corretta E lavorando sulle proprie dinamiche emotive disfunzionali che la ostacolano, tanto più l’energia nella colonna si amplifica e tutta la vitalità può fluire con la rigenerazione delle energie vitali che scorrono attraverso le ossa, la muscolatura, le articolazioni, ma anche in tutti gli organi e apparati, cioè in tutto il corpo fisico. Biologicamente infatti, all’interno dei fasci di nervi più o meno corposi, composti da miliardi di assoni (“tubicini” che si estendono dai neuroni come tentacoli) provenienti dai corpi cellulari dei neuroni, scorre anche energia (precisamente all’interno dei microtubuli che come un trenino racchiudono l’energia), la stessa che attraverso le interazioni neurali chiamate sinapsi, viene anche trasformata in proteina e successivamente riconvertita in energia nell’assone del neurone successivo. Un circuito complesso e meraviglioso che collega il cervello ad ogni parte del corpo mostrandoci che siamo costituiti anche da infiniti circuiti di energia in perenne movimento. E non solo. Ecco perché una buona funzionalità dell’ileopsoas e anche del diaframma favorisce, insieme a molte altre dinamiche, la riconnessione alla creatività e al centro di ogni umano, connettendolo alle energie Tellurica e Celeste, energie che sperimenteremo ampiamente durante il corso S.T.E.T.S..   COSA ACCADE QUANDO RESPIRIAMO BENE Attraverso una respirazione consapevole di questo tipo, la mente cosciente può via via avvertire di essere “altra”, cioè come distaccata dal corpo e quindi che può guidarlo; per questo si può comprendere il motivo per il quale questo respiro sia spesso definito un tramite tra la materialità del corpo e la spiritualità della coscienza. Proprio con l’abitudine al respiro Pranayama è possibile aiutarci ad unire questi due elementi che ci costituiscono con l’intento di aprirci alla meditazione più profonda. Ma oltre alla sua funzione di natura interiore evolutiva, è anche una pratica utile per prevenire e alleviare disturbi molto più di quanto si possa immaginare:
  • Dal punto di vista energetico: migliora la circolazione energetica nelle nadi (canali energetici del corpo).
  • Dal punto di vista cerebrale: migliora la capacità mnemonica a beve e lungo termine e di shifting (passare da un’azione all’altra ricordando qualcosa che si doveva fare).
  • Dal punto di vista psichico: aiuta a prendere coscienza di pensieri distruttivi, ripetitivi, schemi mentali disarmonici e paure che bloccano la volontà.
  • Dal punto di vista corporeo: oltre al sistema respiratorio che così educato perette un incremento della quantità di sangue nel sistema cardiocircolatorio migliorandolo, favorisce anche una migliore funzionalità cellulare, dei sistemi nervoso, linfatico, digerente, endocrino, immunitario, uro-genitale.
  COSA ACCADE INVECE QUANDO NON RESPIRIAMO BENE Dal punto di vista energetico distonico, quando l’energia è costantemente accumulata in alcune zone del corpo a causa di errate abitudini posturali-psicofisiche-emozionali, automaticamente la fluidità naturale si inceppa e questo impedisce il buon funzionamento del rapporto tra i vari sistemi nervosi.    Per comprendere la dinamica: In seguito ad una intensa sollecitazione psico-emotiva-energetica come per esempio uno spavento o una tensione improvvisa per un evento, si scatena dal cervello una elevata quantità di adrenalina attivando il Sistema Nervoso Simpatico che è autonomo, il quale risponde con un immediato arousal cioè portando in tensione/eccitazione tutto l’organismo avviando e stringendo automaticamente anche l’ileopsoas.   Questo avviene perché esso è direttamente collegato al cervello rettile la più antica parte interna del tronco encefalico e del midollo  allungato (sopra il midollo spinale). In quel momento il corpo è pronto a scappare o a irrigidirsi per paura, ed è un naturale meccanismo di auto-difesa. Ma questo dovrebbe essere solo uno stato passeggero per lasciare poi il sistema ad un naturale stato di equilibrio (Omeostasi) con l’attivazione del Parasimpatico.   Quando invece esiste uno stato di costante tensione dovuta al reiterarsi di un comportamento innaturale del sistema, come per esempio la fissazione verso una modalità interiore disarmonica, le cose cambiano. Spesso nemmeno ci accorgiamo di essere in stato di costante tensione perché la nostra struttura globale vi si abitua, apparentemente, ma l’ileopsoas no e oltre al resto, in realtà è in tensione – si irrigidisce rimpiccolendosi progressivamente, perché l’adrenalina rimane in quantità eccessive nel corpo impedendo al sistema nervoso parasimpatico di attivarsi in modo appropriato, ecco che il respiro diventa ansioso, si fatica a dormire, si assumono posizioni corporee innaturali e così via. A lungo andare tutto questo può portare a importanti conseguenze psico-fisiche, spesso croniche, tra cui mal di schiena, dolore sacro-iliaco, sciatica, scoliosi, degenerazione dell’anca, dolore al ginocchio, mestruazioni dolorose, infertilità, problemi digestivi, patologie autoimmuni. Tutte “Malattie” che sono semplicemente un tentativo del sistema di riportare l’equilibrio perduto. Ecco perché è bene iniziare ad abituarsi ad una respirazione profonda e, almeno ogni giorno  specialmente nei momenti di disagio psicofisico, adottare il respiro Pranayama per qualche minuto che, come possiamo intuire, può fare miracoli. Le tecniche di respiro sono tante, alcune molto potenti, ognuna con una funzione specifica, ma la respirazione fondamentale, quella naturale, è appunto la Pranayama o yogica.   CENNI DI NEUROANATOMIA E FISIOLOGIA SUGLI EFFETTI DELLA MEDITAZIONE  (Tratto da: Rachele Piazzetta, Cristiano Crescentini, Cosimo Urgesi, Franco Fabbro: Contributi delle neuroscienze allo studio della meditazione e della spiritualità – Università di Padova, Università di Udine, Article in Giornale Italiano di Psicologia December 2015 DOI: 10.1421/81939, https://www.researchgate.net/publication/291829582) […] Diversi studi recenti hanno rilevato un’associazione tra la pratica della meditazione e alcuni cambiamenti della morfologia cerebrale, in particolare del volume e densità della sostanza grigia cerebrale. Tra le ricerche condotte in questa direzione è doveroso citare alcuni studi […]. Le ricerche prese in esame si basano su quelle discusse in una recente rassegna (Tang, Hölzel e Posner, 2015) e in uno studio di meta-analisi su 21 lavori relativi alle modificazioni morfologiche connesse con la pratica meditativa in studi trasversali e longitudinali (Fox et al., 2014). Nell’insieme, questi studi hanno mostrato un aumento legato alla meditazione della densità di sostanza grigia a livello della corteccia prefrontale dorsale, della corteccia temporo-parietale e della corteccia cingolata posteriore, ma anche a livello di strutture sottocorticali, come putamen e cervelletto. Uno studio che riteniamo interessante riportare anche in forma discorsiva ha evidenziato come esperti meditatori Zen non mostrassero una diminuzione delle competenze attentive con l’avanzare dell’età, effetto che, invece, si evidenziava nei non meditatori. Come mostrato da questi autori, l’effetto della pratica meditativa sembra produrre una minor perdita di sostanza grigia cerebrale all’avanzare dell’età, in particolare a livello del putamen, una struttura implicata nei processi attentivi (Pagnoni e Cekic, 2007). Infine, indagini molto recenti evidenziano gli effetti della meditazione per quanto concerne la sostanza bianca cerebrale, con accresciuta mielinizzazione e densità assonale a livello della corteccia cingolata anteriore, area importante nella risoluzione dei conflitti cognitivi e nell’attenzione (Tang, Lu, Fan, Yang e Posner, 2012b). In conclusione, gli studi sugli effetti della meditazione sulla morfologia cerebrale suggeriscono come la pratica meditativa possa indurre cambiamenti sia nell’organizzazione strutturale di aree fronto-temporo-parietali sia nella connettività tra queste aree.   ESERCIZIO: RESPIRAZIONE YOGICA COMPLETA PRANAYAMA (durata ca 15 min) (Avvertenza: queste sono indicazioni di massima a solo titolo esemplificativo: è importante che all’inizio si sia seguiti da un insegnante esperto) Le indicazioni contenute nello Yoga Sutra di Patanjali  prevedono che il pranayama possa essere agito solo dopo aver fatto la pratica degli asana (posizioni del corpo) cioè per preparare e rendere il corpo più flessibile, agile, rilassato sciogliendo le tensioni muscolari e permettendo così una potenziata azione del respiro. In tempi più recenti è stato dimostrato in ambito neuroscientifico che anche la sola abitudine al respiro consapevole di questo tipo può aiutare il soggetto a migliorare la qualità di vita, pur sottolineando che la pratica corporea ne aumenta esponenzialmente i benefici. Quando si avrà dimestichezza con la pratica, è bene farla sempre all’inizio di ogni meditazione e ogni volta che è possibile perché diventi quasi naturale e spontanea. Per memorizzare meglio la dinamica, immagina che l’aria segua la stessa legge dell’acqua che entra ed esce da una bottiglia: prima si riempie il fondo e poi la parte superiore, poi si svuota la parte superiore e infine il fondo, e così via.
  • Mettiti in piedi in posizione eretta, con i piedi allineati alle spalle (unirli, allargare le punte e allinearvi i talloni), ginocchia leggermente piegate. Mantieni la colonna diritta.
  • Per ca 3 min respira normalmente, profondamente, lentamente e attentamente, metti le mani sull’addome, si muove? Sulle costole, si muovono? Sul petto, si muove?
  • Per ca 3 min respiro diaframmatico (pancia: parte bassa dei polmoni)
  • Appoggia le mani sulla pancia.
  • Espirando con il naso svuota completamente i polmoni contraendo leggermente gli addominali (per il ricambio totale di aria).
  • Inspirando con il naso accorgiti che l’addome si espande.
  • Ripeti per qualche respiro percependo le mani che si sollevano e si abbassano sempre più
  • Per ca 3 min respiro toracico e diaframmatico (petto: lobi laterali dei polmoni e pancia: parte bassa dei polmoni)
  • Ora appoggia le mani ai lati del torace, sopra le costole, è la zona diaframmatica.
  • Espira, svuotando e comprimendo prima il torace e lasciando fermo l’addome, poi svuota la pancia contraendo leggermente i muscoli addominali.
  • Inspirando espandi prima la pancia e poi il torace.
  • Ripeti per qualche respiro, concentrandoti sull’espansione e contrazione in due tempi.
  • Per ca 6 min respiro completo: diaframmatico, toracico e clavicolare, cioè la parte bassa, media e alta dei polmoni.
  • Appoggia le mani sotto le spalle, all’altezza delle clavicole.
  • Espira prima rilassando le spalle, poi comprimi il torace per sgonfiarlo e infine sgonfia completamente la pancia con una leggera contrazione addominale.
  • Inspira prima dalla pancia, poi dal torace e infine dalle clavicole che si espandono percependo un leggero sollevamento delle mani.
  • Scrivi su un diario le sensazioni, le percezioni che hai vissuto, noterai via via come sta cambiando la tua percezione.
  BIBLIOGRAFIA
  • Bruce Lipton (2005 The Biology of Belief) La Biologia delle Credenze – Macroedizioni, Cesena FC 2006.
  • Chogyam Trungpa (1992 The Lions Roar, an introduction to Tantra) Il ruggito del leone, una introduzione al Tantra – Astrolabio Ubaldini Editore, Roma 2007.
  • Dalai Lama, Daniel Goleman (2003 Destructive Emotions) Emozioni Distruttive – Ed. Mondadori, Cles TN 2004.
  • Daniel Goleman (1995 Emotional Intelligence) Intelligenza Emotiva – Ed. BUR, Milano 1996.
  • Franco Fabbro (2010) Neuro psicologia dell’esperienza religiosa – Ed. Astrolabio, Roma.
  • Mircea Eliade (1974 Le chamanisme et les techniques archaiques de l’extase) Lo sciamanismo e le tecniche dell’estasi – Ed. Mediterranee, Roma 2005.
  • Roberto Zamperini (2005) Fisiologia Sottile, Alla scoperta dell’anatomia segreta del corpo d’energia, vol. 2  – Macro Edizioni, Diegaro di Cesena FC.
  • Thorwald Dethlefsen (1984 Krankheit Als Weg) Malattia e Dstino, il valore e il messaggio della malattia – Ed. Mediterranee, Roma 2006.
  • Gabriele Laguzzi Bio-pranoterapia  Ed Mediterranee 2004; Pranoterapia e pranopratica tecniche avanzate  Ed Mediterranee 2011.
  • Richard Gombrich “Il pensiero del Buddha” Ed. Adelphi 2012.
  • Henepola Gunaratana “La felicità in otto passi. Camminare sul sentiero del Buddha” Ed. Ubaldini 2004. 
  • Rachele Piazzetta, Cristiano Crescentini, Cosimo Urgesi, Franco Fabbro: Contributi delle neuroscienze allo studio della meditazione e della spiritualità – Università di Padova, Università di Udine, Article in Giornale Italiano di Psicologia December 2015 DOI: 10.1421/81939, https://www.researchgate.net/publication/291829582.
 
Condividi questa pagina tramite:

Pubblicato in Articoli.

Lascia un commento